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Rami

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Forte di braccia e di capelli

sventolo

fintamente sospesa

sguardo tondo

 

Perdonati la fata e il viburno

non resta che ucciderli

o tapparsi le orecchie

 

Allora salgo — forte di braccia

oltre i rami e il cinguettio

e di capelli — potrei farci una treccia per scendere 

ma bisogna aspettare che crescano 

 elyza - 28/12/2014 00:42:00 [ leggi altri commenti di elyza » ]

Grazie Franca, sei andata dentro. Come infanzia, intendo l’infanzia della coscienza. Dopo il perdono e l’uccisione simbolica, la crescita. I capelli, "si potrebbe fare una treccia" ma non è detto, si potrebbero anche lanciare più in alto o intorno per esplorare altre sfere. In ogni caso bisogna aspettare che crescano, si accrescano, salgano, per così dire, anche loro. Non è contemplato il principe che si arrampica attaccato alle trecce, come vorrebbe la fiaba dove il principe è colui che sveglia l’anima - la bella che dorme. Qui l’Anima si è portata su con il lavoro, per restare in metafora.

 Franca Alaimo - 27/12/2014 22:54:00 [ leggi altri commenti di Franca Alaimo » ]

Il testo mi prende, anche se esito nell’interpretazione. Vedo in esso quasi il racconto fiabesco del passaggio dall’infanzia ( con le sue fate e i suoi viburni che mi ricordano -quest’ultimi- Pascoli) all’età adulta. Per scendere c’è bisogno - avverte Elisa - di farsi crescere i capelli, come Raperonzolo che getta dalla torre della sua infanzia i suoi capelli perché l’Amore salga fino a lei. In fondo tutte le favole raccontano questo rito d’iniziazione alla vita.
La parola ad Elisa, se pensa che sono andata fuori pista!

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